Veneto: una lingua, parlate diverse. Provincia per provincia
Il veneto è ricco di varianti dialettali e, come ogni lingua parlata, è in costante evoluzione. Modi di dire, neologismi e inflessioni che spesso variano da provincia a provincia.
Vicenza
CESTE
Neologismo di origine francese (da c’est la vie), “ceste” è il corrispettivo berico del romano “sticazzi”.
«Vara che femo tardi» – «Ceste!»
Padova
SPONO
Nel gergo giovanile, l’equivalente di “che barba”. Lo “spono” indica la noia, o una rottura di scatole.
«Che spono sta lesión»
Rovigo
CAÍGO
Nel Polesine e nella laguna veneta indica la nebbia, spesso in senso dispregiativo: il proverbiale “nebbione”.
«I xe persi pal caìgo»
Venezia
GHE SBORO
Esclamazione “intraducibile” tipica dei lagunari. In principio usata come rafforzativo, è utilizzata come intercalare gergale.
«Doman xe sabo» – «Ghe sboro!»
Belluno
MANÈRA
In veneto letteralmente significa accetta, mannaia. Nel gergo belumàt, “manera” indica un incapace, un buono a nulla.
«Halo finìo Mario?» – «No, l’è na manèra»
Treviso
CÈO
In trevigiano indica l’aggettivo “picenin” (piccolo, minuto). Riferito a bambino, è sinonimo di “bocia”.
«El can cèo l’è de Mario»
Verona
BUTÈL
Variante distintiva del veronese di “putèo”, ragazzo. Altra variazione rispetto al veneto “ufficiale”, è “ci” per dire chi.
«Ci èlo stó Mario?» – «L’è un butèl»
(originariamente pubblicato su Vvox)