Leyla Ziliotto, Mia madre mi odia, libro

La scrittrice “antifemminista” (e italo-marocchina) Ziliotto: «Metoo? Brutto movimento. La Murgia sbaglia: Italia troppo esterofila, non nazionalista»


«La violenza non conosce distinzione di sesso». Leyla Ziliotto (in foto) è una giovane scrittrice italo-marocchina (ma di origine veneta), autrice di un romanzo che ha fatto discutere, “Mia madre mi odia” (edizioni Tabula Fati). Nata e cresciuta a Genova, nelle sue molteplici “vite” è stata anche campionessa di bocce per la nazionale del Marocco ed attivista dell’Associazione papà separati Liguria. Nella Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne, la Ziliotto va controcorrente. A partire dal suo libro, ovviamente: «la storia di una giovane donna, Sephora (che è un po’ il mio alter ego) costretta a subire la prepotenza e la cattiveria di una madre che non ama i propri figli. Si scontrerà con lo stereotipo collettivo secondo cui “la mamma è sempre la mamma”, entrando in contatto con il mondo dei padri separati, un argomento che mi sta a cuore. Il libro vuole dar voce a questa realtà: ai padri e soprattutto ai figli che si trovano al centro di questi drammi e che spesso non hanno voce».

Quanto c’è di Leyla nel personaggio di Sephora?
Molto: anzitutto, come me è figlia di un matrimonio misto e difende il padre discriminato in ambito separativo. Oggi si parla sempre di violenza sulle donne, ma purtroppo la violenza non conosce distinzione di sesso. Considerare la donna sempre vittima e l’uomo potenziale carnefice è un messaggio sbagliato. Sephora è vittima di una madre che non la ama e che usa violenza su di lei. Una realtà che però risulta scomoda.

C’è un eccesso di vittimismo da parte delle donne e del femminismo?
Sì. Purtroppo, denunciare l’esistenza di certe situazioni equivale a negare o sminuire la violenza sulle donne. Ma io sono una donna, come potrei? Voglio semplicemente testimoniare un’altra sfaccettatura della violenza, che ha come vittime anche i figli. Nel libro la madre di Sephora va a denunciare violenze da parte del marito e viene subito creduta e considerata una vittima. Invece, potrà sembrare strano, ma anche l’uomo può essere vittima. E non sa come difendersi.

Si considera antifemminista?
L’antifemminismo si riferisce a una certa deriva del femminismo odierno, molto aggressivo. Recentemente a una presentazione, mi è stato detto da una donna “sei più femminista di tante femministe”.

Cos’è, oggi, il femminismo?
Sono sincera, non lo so. Io ho fatto la tesi universitaria sul femminismo degli anni ’20, che ringrazio, perché con le loro lotte possiamo fare molte cose che una volta ci saremmo sognate. Il femminismo di oggi è arrivato a ritenere sbagliato il matrimonio, la famiglia. È l’annientamento dell’amore e non penso sia giusto. Invece, esistono uomini meravigliosi e uomini bastardi, ma è vero anche il contrario: non tutte le donne sono buone mogli e buone madri. Basta con la guerra tra sessi, parliamo di persone.

Siamo un Paese fascista e maschilista? O meglio: c’è questo rischio, come denuncia Michela Murgia?
Io questo non lo sento. E sono una donna per metà straniera. Secondo me siamo un Paese esterofilo, anche troppo: c’è questa tendenza a considerare migliore tutto ciò che viene dall’estero. In Francia, ad esempio, sono molto più nazionalisti di noi e secondo me è quello che manca in Italia.

Cosa pensa delle quote rosa?
Secondo me sono uno svilimento per le donne, un altro modo per vittimizzarle: la donna è debole, diamole il contentino. Invece, dovrebbe prevalere sempre la competenza e so che in molte la pensano come me.

In genere si ritiene che una maggior presenza di donne nella classe dirigente sia un fatto positivo in sé, in quanto più pacate e riflessive. È così?
È l’ennesimo stereotipo. Se ci mettiamo d’impegno, noi donne sappiamo essere molto più cattive degli uomini. La violenza psicologica femminile è subdola. Come ho scritto nel mio blog, “A sesso unico”: si pensa che la donna ha una marcia in più anche quando è marcia dentro.

Lei è italo-marocchina. Quali sono le differenze nel ruolo della donna nella cultura musulmana, rispetto a quella occidentale?
Sono entrambe culture patriarcali, anche se la cultura musulmana è più maschilista. È bene però specificare che la cultura varia da Stato a Stato: l’Afghanistan non è il Marocco, che è forse il Paese nordafricano che negli ultimi anni ha fatto più passi avanti, anche dal punto di vista dell’emancipazione della donna. Io non ho mai portato il velo, ma conosco donne che indossandolo si sentono più sicure, perché fa parte della loro tradizione. A noi può sembrare una forma di sottomissione, ma non mi sento di giudicarlo così negativamente. Detto ciò, io mi sento più italiana, sono nata e cresciuta qui, e mi sento più libera in Italia.

Che idea si è fatta del movimento Metoo e del suo corrispettivo italiano, Nonunadimeno?
Molto brutta. Penso al caso di Miriana Trevisan, che si sveglia dopo anni per denunciare non una violenza, ma una molestia, accusando senza alcuna prova un regista. Sicuramente ci sono tanti uomini colpevoli che riescono a farla franca, ma gli uomini diffamati subiscono conseguenze gravi, a livello lavorativo e di reputazione. Quando ti accusano di qualcosa la macchia rimane, anche se vieni assolto.

Un commento su Asia Argento, passata da vittima a carnefice, dopo il caso Bennett?
Mi fa sorridere, in entrambi i casi. Weinstein ha sicuramente fatto qualcosa: è impossibile che tutte le testimoni si siano messe d’accordo. Però, nel caso della Argento, risulta difficile credere che dopo anni che convivi con un uomo, tu venga stuprata. E fa sorridere la denuncia di Bennett, dopo anni: come ho letto in alcuni commenti, un 17enne che va a letto con Asia Argento dovrebbe metterlo nel curriculum. Poi devo dire che Asia non ha perso tempo, ora ha una relazione con Fabrizio Corona. Mi sembra molto brava a spettacolarizzare il dolore.

In definitiva, il sesso forte, oggi, è la donna?
Comincia a esserlo, sì. In certi ambiti, almeno. Perché ha più strumenti per esserlo. Penso alle separazioni: una donna che si separa, se sufficientemente fredda e “spietata”, può rovinare la vita di un uomo nel giro di pochi mesi.

Nella sua attività di scrittrice, ha avuto difficoltà per le sue idee, contrarie a una certa egemonia culturale di sinistra?
Sì, ho avuto tante difficoltà. All’inizio non riuscivo a trovare un editore, perché l’argomento è scomodo e il titolo considerato “troppo forte”. Come detto, sembra che parlare di una cosa escluda l’altra, se denunci le violenze di una donna straniera allora sei razzista. Io il razzismo l’ho vissuto al contrario.

(originariamente pubblicato su Vvox)

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