In Italia è vietato l’uso di grilli, formiche e ragni. Ricci (Istituto Zooprofilattico Venezie): «mangiarli è solo una questione culturale»
Coleotteri, api, formiche, cavallette, locuste, cimici, termiti, libellule e mosche: a tavola, è pronto! Se solo all’idea vi viene la nausea, non fate parte dell’8% di italiani che stando a Coldiretti assaggerebbero di buon grado cibi a base di insetti. E che presto potrebbero venire accontentati e ordinare al ristorante spiedini con grilli, tarantole fritte e biscotti di cioccolato e vermi. Una rivoluzione alimentare spinta prima di tutto, stando almeno alla versione ufficiale, da necessità ambientali. Come ricordato lo scorso anno dalla Fao, infatti, “l’uso di insetti per l’alimentazione e la produzione di mangimi presenta vari vantaggi per l’ambiente, per la salute e per il miglioramento della condizione sociale e dei mezzi di sussistenza di varie popolazioni”.
In Italia per ora non è consentito il consumo e il commercio di insetti e prodotti derivati, ma nel medio periodo potrebbe arrivare un’apertura, dopo il parere dell’Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare) e il nuovo Regolamento europeo che semplifica e armonizza le autorizzazioni, che restano prerogativa dei singoli Paesi. Antonia Ricci, direttore del Dipartimento per la sicurezza alimentare dell’IZSVe (Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie), ente sanitario con sede a Legnaro in provincia di Padova, è membro del Panel Biohaz dell’Efsa e ha partecipato personalmente alla valutazione dei “novel food” in sede europea.
«Circa un anno fa – spiega la dottoressa Ricci – la Commissione europea ha chiesto un parere scientifico all’Efsa sui possibili rischi correlati al consumo di insetti sia da parte dell’uomo, sia degli animali. È stato costituito un gruppo di lavoro del quale ho fatto parte, che ha prodotto un documento che è stato pubblicato lo scorso settembre. Più o meno contemporaneamente è stata approvata la nuova versione del Regolamento sui novel food, che tratta anche di insetti ma non è una normativa specifica, che a livello europeo ancora non esiste». Alcuni Paesi Ue, in particolare Belgio e Olanda, hanno approvato delle leggi nazionali che autorizzano e regolamentano l’introduzione sul mercato di alcuni insetti per uso alimentare. In Italia invece «non abbiamo alcuna normativa, quindi di fatto è vietato l’utilizzo di insetti sia come alimenti, sia come mangimi. Immagino che attenderemo l’emanazione di norme comunitarie che saranno applicabili a tutti gli stati dell’Unione».
Ad oggi i cosiddetti novel food non sono quindi consentiti. «Come per qualsiasi alimento non si può generalizzare: anche mangiare pollo può non essere sicuro. La prima distinzione è tra insetti allevati e insetti catturati». L’opinione dell’Efsa interessa solo la prima categoria, perché per i secondi non c’è alcuna garanzia di sicurezza. «In secondo luogo, si tratta solo di alcuni insetti. In Olanda, quelli autorizzati sono una decina. Infine, è importante controllare le modalità di allevamento e la questione più critica per gli insetti sono i substrati, ovvero il mangime. Se tutto avviene in maniera controllata e in condizioni igieniche adeguate, seguendo le stesse regole in vigore per bovini, suini e pollame, non c’è motivo di pensare che gli insetti rappresentino un rischio superiore rispetto alle altre fonti proteiche».
Anzi, forse sono persino più sicuri, dato che non si corre il rischio di contrarre malattie come la Sars o l’aviaria. «Gli insetti sono così differenti geneticamente dai mammiferi che il rischio di trasmissione di malattie pericolose per le persone è molto improbabile. In compenso, dal punto di vista dei valori nutrizionali, gli insetti possono essere comparabili ai prodotti di origine animale “classici”, come carne, uova e formaggi. Ad esempio, potrebbero essere impiegati nella produzione di barrette proteiche per gli sportivi». L’allevamento di insetti può essere competitivo rispetto ad altri animali, sia dal punto di vista dell’impatto ambientale, sia a livello di costi.
Risparmio a parte, però, con l’attenzione maniacale per le tradizioni culinarie, davvero l’ento-food è appetibile per il mercato italiano? «Dieci anni fa probabilmente molti sarebbero stati scettici sul successo del sushi in Italia, mentre adesso i ristoranti giapponesi crescono come funghi. Specie tra i giovani, c’è molto interesse nella ricerca di forme di alimentazione alternative, che in effetti sono tradizionali in tanti Paesi del mondo». Un conto poi è mangiare un insetto, un conto i preparati, come la farina con cui realizzare dolci e biscotti. «In questo caso, penso che la barriera culturale sia molto più facile da abbattere». In fin dei conti, molti considerano accettabile e normale mangiare le lumache, eppure proviamo ribrezzo all’idea di assaggiare una larva. «Anche tra un gamberetto e un grillo non c’è poi una grande differenza, è solo una questione di abitudine. L’alimentazione è così: in Cina mangiano i cani, che per noi è una cosa folle. Ugualmente, per gli inglesi mangiare un coniglio o un cavallo è culturalmente inaccettabile. Ogni Paese ha le sue tradizioni e la sua cultura, però è pur vero che queste possono cambiare».
(originariamente pubblicato su Vvox)