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Carrisi grida allo scandalo ma non rinnega l’amicizia con il leader russo, da cinque anni in guerra con Kyiv


Come noto, il Ministero della Cultura dell’Ucraina ha inserito il cantante Al Bano Carrisi in una “lista nera” di 150 personalità non gradite, in quanto “amiche” della Russia di Vladimir Putin. Una mossa politica del governo Poroshenko dal sapore illiberale, ma che in realtà rappresenta un disperato grido d’aiuto. Limitare i diritti civili, mettendo al bando artisti sulla base delle simpatie politiche, non è concepibile per una democrazia in tempo di pace, ma va ricordato che tutto nasce dal fatto che l’Ucraina è un paese in guerra con la Russia. Una guerra ibrida, non dichiarata ufficialmente. E forse per questo, da 5 anni nessuno, o quasi, sembra farci caso.

Con tutta probabilità, tra qualche giorno la faccenda finirà nel dimenticatoio. E di fatto si è già “risolta” all’italiana: con una battuta alla tv dell’interessato, che si è definito “terronista” e ha annunciato il prossimo incontro con l’ambasciatore ucraino. Incontro che finirà inevitabilmente con una strimpellata di Felicità annaffiata di Primitivo di Manduria delle cantine di Cellino San Marco. Nel frattempo, però, il governo di Kyiv ha raggiunto il suo vero scopo: riportare sotto i riflettori il conflitto che da un lustro infiamma il “granaio d’Europa”.

I numeri della guerra

In questi 5 anni, il bilancio è di 13.000 morti, circa 30.000 feriti e quasi 2,5 milioni di sfollati dall’est del Paese, ricollocati internamente o emigrati in Europa. Il cessate il fuoco sottoscritto con gli accordi di Minsk viene quotidianamente violato dalle forze paramilitari delle autoproclamate repubbliche di Donetsk e Luhansk, che insieme alla Crimea occupata costituiscono il 7% del territorio nazionale (come se da noi l’Austria avesse invaso Veneto e Friuli). Il tutto nel disinteresse dell’Occidente e della comunità internazionale. E così il governo di Kyiv si affida a tutte le “armi non convenzionali”: quelle della diplomazia, e perché no, della cultura.

Il caso Eurovision

In tal senso, strettamente legato all’affaire Al Bano, va letto il ritiro dell’Ucraina dall’Eurovision Song Contest: dopo la rinuncia della cantante Maruv, finita nel mirino per le sue tournée in Russia, per la prima volta Kyiv non parteciperà alla competizione canora (vinta l’ultima volta nel 2016 proprio con un brano contro la guerra in Donbas). Una decisione sofferta ma necessaria, per far pesare la propria assenza sul palcoscenico della kermesse musicale più seguita al mondo. Allo stesso modo, anche la “black list” è un tentativo di fare leva sull’opinione pubblica internazionale e ricordare che il conflitto, pur sottaciuto, ancora miete vittime.

Al Bano “nemico pubblico”

Ora, è improbabile che qualcuno a Kyiv consideri seriamente il mite Al Bano una «minaccia per la sicurezza nazionale», alla stregua di una spia. Tuttavia, Carrisi non ha mai lesinato elogi all’operato di Putin, che conosce personalmente e considera un amico, nonché un leader «illuminato». Né sono passate inosservate le prese di posizione del Nostro a pochi mesi dall’annessione unilaterale della Crimea, giudicata giusta e paragonata all’Istria: «tutti sanno che è italiana» (sic.). Dopo essere stato “scomunicato”, Al Bano ha gridato allo scandalo, in quanto lui è «un uomo di pace», che non si impiccia delle questioni internazionali. Una presa di distanza arrivata fuori tempo massimo e smentita dalle sue stesse dichiarazioni rilasciate negli ultimi anni.

Lo spettro di un nuovo conflitto

Tutto legittimo, ben inteso. Ma altrettanto legittima è la decisione di mettere al bando Carrisi. L’intera questione farebbe persino sorridere, se il “conflitto silenzioso” tra Russia e Ucraina non fosse un bubbone pronto a esplodere alle porte della libera Europa. Secondo fonti della Difesa di Kyiv, sarebbe solo questione di tempo prima che Putin riprenda il suo piano post-imperialista. Se mai il peggio dovesse accadere, ognuno di noi dovrà scegliere da che parte stare: da una parte chi sostiene il diritto internazionale, dall’altra chi pensa che l’autodeterminazione dei popoli possa essere ottenuta e imposta manu militari. E senza tenere il piede in due scarpe come Al Bano, prendendo posizione salvo poi sfoggiare uno «sguardo innocente in mezzo alla gente».

(Originariamente pubblicato su Vvox.it)

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