Il responsabile della sezione vicentina: «se un cacciatore è onesto non dovrebbe avere problemi a segnalare chi va contro la legge»
La Lac (Lega abolizione della caccia) chiede aiuto… ai cacciatori. Manuel Zanella (in foto), delegato responsabile della Sezione Lac di Vicenza si rivolge al popolo delle doppiette per «segnalare alle autorità, anche in modo anonimo, episodi sospetti e soprattutto i bracconieri. Sono loro, i cacciatori, i primi a sapere se qualcuno si comporta male e va contro la legge». Una richiesta solo apparentemente paradossale: «se un cacciatore è onesto e vuole tutelare la natura – evidenzia Zanella – non dovrebbe avere nessun problema a farlo. Anzi, è nel suo interesse».
Da 40 anni la Lac è impegnata nella difesa della fauna, la conservazione e il ripristino ambientale: «uno dei nostri obiettivi è proprio di sensibilizzare i cacciatori, senza farci la guerra, non solo sulla tutela della fauna selvatica, ma anche su come vengono tenuti i cani da caccia e soprattutto gli uccelli da richiamo, che al termine della stagione venatoria devono essere liberati in voliera. Invece, spesso vengono tenuti in piccole gabbiette». Per individuare e segnalare simili abusi, l’associazione animalista promuove un corso per guardie venatorie volontarie: «è la prima volta che organizziamo un corso simile in Veneto. Questa figura è prevista dalla legge quadro sulla caccia (Legge 11 febbraio del 1992 n.157): le associazioni possono nominare i volontari tramite un corso regionale per effettuare controlli su chi caccia».
Il corso è aperto a tutti e partirà nel 2019. «Ma prima serve una delibera della Regione per autorizzarlo», precisa Zanella. Al termine del corso è previsto un esame e una volta superato si ottiene l’abilitazione per i controlli di caccia, che attualmente sono coordinati dalle Province. Infatti «non si può uscire liberamente quando si vuole, ma bisogna comunicarlo alle amministrazioni provinciali. Una volta autorizzate, le guardie venatorie potranno chiedere ai cacciatori di «esibire i documenti, controllare le loro armi, la selvaggina abbattuta e i richiami vivi. In pratica, come una guardia forestale o un guardiacaccia della polizia provinciale. L’obbiettivo del corso è proprio quello di affiancare le forze di polizia, che sono sotto organico e sono impegnate anche su altri fronti». In caso di illeciti – ad esempio l’abbattimento di specie protette – possono scattare sanzioni e sequestri amministrativi.
Le segnalazioni arrivano spesso dai cittadini che abitano vicino ai terreni di caccia, «per i rumori dei colpi di fucile e per i proiettili vaganti», che rappresentano un rischio per i residenti e per chi passeggia nei boschi. «I cacciatori dovrebbero tenersi a distanza di sicurezza sia dalle case, sia dai sentieri, ma purtroppo non sempre è così. Oggi come oggi sconsiglierei di andare per boschi nel periodo venatorio». Ogni anno decine di persone rimangono ferite o uccise in incidenti di caccia, ma i pericoli maggiori li corrono gli animali selvatici. «Quest’anno ci sono stati molti rapaci impallinati, pojane, sparvieri, gheppi… Esemplari che non possono essere confusi per altre specie cacciabili. Una vergogna».
Tra le altre iniziative messe in campo in Veneto, c’è la realizzazione di un nuovo centro di accoglienza per la fauna selvatica in difficoltà nel Padovano, dove portare e soccorrere gli animali feriti. «Se un privato ne trova uno, per legge deve contattare la Provincia che poi delega a noi la raccolta, la custodia e la successiva liberazione». Un altro progetto è «il finanziamento per l’acquisto di piante per delimitare i fondi chiusi alla caccia. Il progetto è rivolto in particolare ai proprietari di terreni che lamentano lo sconfinamento di cacciatori o il mancato rispetto delle distanze di sicurezza. L’unico modo per impedire ciò è delimitare il terreno in questione con una barriera alta almeno 1 metro e 20, che per legge possono essere sia recinzioni sia siepi. Che sono la soluzione più vantaggiosa: installare una recinzione è più costoso e inoltre rappresenta un muro per gli animali. Le siepi, invece, chiudono il fondo in modo naturale e altrettanto efficiente, in più fanno da rifugio per gli animali, sia migratori sia stanziali, che possono usarle per nidificare».
Per Zanella aiutare gli animali è una questione di civiltà: «nel 2018 la caccia non è più necessaria. L’uomo primitivo cacciava per sopravvivere, oggi è un hobby a tutti gli effetti. E per noi non è accettabile uccidere con una fucilata un essere vivente per passatempo. Certo, si tratta comunque di un’attività legale, quindi la rispettiamo, però non condividiamo questo modo di ammazzare gli animali. Non ne vediamo la necessità. Non capiamo cosa possa spingere a fare questa attività, che porta anche un danno all’ambiente per via delle migliaia di tonnellate di piombo e plastica che finiscono nel terreno e che nessuno raccoglie. Non c’è bisogno di inquinare ulteriormente, per diletto». Quando interpellati, tuttavia, i cacciatori sostengono di amare la natura e di avere ancora una funzione sociale. «Io sono dell’idea che ciò che si ama non lo si uccide, né lo si maltratta».
E a chi rimprovera agli animalisti di pensare più alle bestie che agli uomini, perdendo il senso delle priorità, risponde: «se ognuno fa la sua sua parte, occupandosi di quello che gli interessa e lo appassiona, si possono migliorare le cose per tutti. Ognuno è libero di scegliere se aiutare i bambini in Africa oppure gli animali, sempre nel rispetto reciproco. Noi ci sentiamo in dovere di migliorare l’ambiente, dopo che l’abbiamo inquinato e distrutto. È una responsabilità dell’uomo. E sono convinto che chi rispetta gli animali rispetta anche le persone».
(originariamente pubblicato su Vvox)