Marco Dal fitto, basket in carrozzina, campionati europei, paralimpiadi, wheelchair, sport disabili

Dal Fitto, allenatore del PDM De Longhi Treviso: «troppa poca informazione. E pochi soldi»


L’Italia non è un paese per disabili. Almeno, non del tutto. Non ancora. A spiegarlo è Marco Dal Fitto, campione italiano di basket in carrozzina (nella foto, al centro). Vicentino classe ’74, Dal Fitto ha vinto il campionato europeo nel 2009 con la nazionale azzurra, oltre a una Coppa Italia, una Supercoppa italiana e alla Coppa Brinkmann nelle fila del Padova PMB. Dopo una breve parentesi con la Polisportiva Castelvecchio di Gradisca, da due anni è insieme allenatore e giocatore del team PDM De Longhi Treviso, che milita in serie B.

«Dal punto di vista sportivo siamo un po’ carenti sia a livello di strutture accessibili, sia nell’inserimento delle persone con attività motorie ridotte nel mondo dello sport. Nel resto d’Europa la riabilitazione sportiva inizia già all’interno delle strutture ospedaliere. In Italia, invece, manca prima di tutto l’informazione: spesso, chi subisce una menomazione non è nemmeno a conoscenza che esistono sport per disabili». Attività che sono invece fondamentali per uscire dall’isolamento e superare un’emarginazione autoinflitta. «Molti giovani disabili se ne stanno barricati in casa davanti al pc o ai videogiochi, quando potrebbero fare della sana attività sportiva. Nel mio piccolo, spero che anche la mia esperienza possa essere di esempio per i più giovani».

In Veneto, terra dalla grande tradizione associazionista, le cose vanno un po’ meglio rispetto al resto dello stivale. «La nostra regione è tra quelle con il maggior numero di società sportive per disabili, anche storiche. La stessa PDM (Polisportiva Disabili della Marca) è tra le prime realtà nate in Italia e ha celebrato il trentennale a Roma il mese scorso. È un bel biglietto da visita, soprattutto rispetto ad altre regioni che combattono con inefficienze, che vanno dagli interventi per rendere accessibili le strutture, fino al reclutamento di nuovi atleti».

Rispetto a una decina di anni fa, ammette Dal Fitto, «ci sono stati molti passi in avanti, soprattutto per quanto riguarda la messa a norma dei palazzetti», tuttavia «c’è ancora molto da lavorare, considerato che molte strutture sportive del nostro Paese sono antiquate e pertanto non accessibili alle persone con disabilità». Anche a livello mediatico si è mosso qualcosa, con «una maggiore

copertura in tv, grazie anche ai nuovi canali digitali di Rai Sport che hanno dato nuovi sbocchi alle discipline per disabili, incluso il basket». Una visibilità che aiuta a sensibilizzare il grande pubblico a vedere il disabile con occhi diversi.

Se da un lato rispetto al passato c’è più attenzione – e meno discriminazione – in Italia siamo ancora indietro quando a sponsorizzazioni. «Andando in trasferta in Germania per l’Eurolega, ad esempio, mi è capitato di vedere negozi ufficiali della squadra locale. Oppure, sbarcando all’aeroporto di Melbourne, si trovano manifesti pubblicitari con il più famoso giocatore della nazionale di basket australiana che sponsorizza un’acqua minerale».

Il principale ostacolo nella vita quotidiana, in senso stretto e in senso lato, restano le barriere architettoniche. L’esempio classico è il treno: «i disabili in carrozzina devono prenotare in anticipo il posto a sedere e l’assistenza per salire i gradini delle carrozze. Questo in altri paesi non succede perché le banchine della stazione sono a livello delle porte del treno. Un altro esempio della vita quotidiana sono certi sportelli bancomat troppo alti, che sono inaccessibili per una persona in sedia a rotelle».

Per venire incontro a simili esigenze c’è bisogno di più impegno soprattutto sul versante finanziario da parte della politica, che però sembra avere altre priorità. «Le leggi ci sono, ma allo stato attuale ci troviamo in un collo di bottiglia, per mancanza di fondi e di organizzazione». Insomma, gli interventi necessari sarebbero tanti, tantissimi, ma i finanziamenti scarseggiano. Un problema che non interessa solo le infrastrutture, ma le stesse società sportive: molte sono in sofferenza, al punto di rischiare la chiusura.

«Una delle realtà più importanti e affermate, il Santa Lucia di Roma, quest’anno ha vissuto gravi difficoltà per problemi finanziari e solo gli sforzi degli stessi atleti ne hanno impedito la chiusura». Servirebbero più sponsor, che invece purtroppo «sono sempre meno, anche a causa della crisi economica». Per questo, l’augurio per il 2017 del campione nostrano è che «si facciano avanti nuove sponsorizzazioni a sostegno di queste realtà tenute poco in considerazione e che sono invece motivo di orgoglio nazionale e di ispirazione per tutti coloro, disabili e non, che ancora non praticano sport».

(originariamente pubblicato su Vvox)

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