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Incontri in centro città: c’è chi si inventa lavoricchi, chi non viene accettato da nessun’azienda. E chi si dà alla delinquenza


La crisi migratoria non accenna ad arrestarsi. Nei primi 11 mesi del 2016 sono oltre 172 mila le persone sbarcate sulle coste italiane, il 20% in più rispetto al 2015 (dati Unhcr). Accanto all’emergenza umanitaria, si aggrava anche quella sociale. Il sistema dell’accoglienza è ormai al collasso e il nostro Paese, dopo anni di crisi economica, sembra incapace di offrire una qualsiasi prospettiva a questi nuovi “ultimi”, che pertanto si arrabattano come possono per vivere.

Ragazzi come Willy. Poco più che ventenne, magro, magrissimo, Willy (il nome è di fantasia) gira per Vicenza in bicicletta, passando al setaccio i cassonetti della carta in cerca di giornali, per poi caricarli sul portapacchi e ripartire.

A chi porti i giornali che raccogli?
Li portiamo ad altri africani quando ne hanno bisogno. Loro li usano per tinteggiare le case, o magari le macchine… sai, per non sporcare con la pittura.

Quindi ci sono altri che fanno questo “lavoro”?
Sì, lo facciamo perché non abbiamo alternative.

Venite pagati?
Sì, qualche volta ci danno qualcosa. Io lo faccio solo ogni tanto, per comprarmi qualcosa da mangiare o da bere.

Sai che non sarebbe legale?
Quindi non va bene? Non lo sapevo.

Da quanto sei in Italia?
Ormai da due anni.

E dove vivi?
Sto qui in città. Abito all’interno del campo.

Quale “campo”?
Alla “Casa Paolini”, in Viale Ferrarin (la comunità gestita da Società San Paolo, ndr).

Hai provato a chiedere a loro di trovarti un lavoro?
Certo che l’ho fatto! Glielo abbiamo chiesto molte volte, ma niente… Ecco perché ogni tanto abbiamo bisogno di fare queste cose. Io so che non è un vero lavoro, ma è il massimo che sono riuscito a trovare. Nella mia città natale, in Africa, facevo il muratore. Ma qui…

Hai provato a chiedere a qualche impresa edile?
Sì, ci ho provato, portando con me tutti i documenti. Mi hanno risposto tutti che non c’è lavoro, o cose così.

Omar invece ha 32 anni, la barba incolta che incornicia un largo sorriso. Siede insieme a un gruppo di amici su una panchina a Parco Querini, sempre a Vicenza, e a differenza di Willy parla abbastanza bene l’italiano.

Da quanto tempo sei in Italia?
Da un anno.

E dove vivi?
Sono ospite di una cooperativa.

Da dove vieni?
Dal Gambia. Conosci?

Non molto. C’è la guerra?
Non è proprio in guerra, ma c’è la dittatura. Mandano le persone in galera, non si può parlare… Problemi così.

Volevi venire in Italia o andare in un altro paese?
No, volevo venire in Italia. Mi piace qui.

Lavori?
No, sto cercando lavoro, ma ancora niente. È un problema: non ho soldi e passo le giornate in casa. Prima di arrivare in città stavo a Tonezza e lì facevo il volontario per il Comune.

In Gambia lavoravi?
Sì, ho fatto diversi lavori: muratore, falegname, imbianchino…

E qui cosa vorresti fare?
Il falegname.

Quando sei partito pensavi di trovare lavoro?
Sì, invece ho trovato la crisi. Grossa crisi.

Anche “Bruce” ha 32 anni e anche lui staziona su una panchina, a Campo Marzo, a due passi dalla stazione di Vicenza, accanto a un ragazzo più giovane. Occhi rossi iniettati, è lui a rivolgere la prima domanda, la stessa che ripete tutti i giorni a tanta gente: «tutto bene? Vuoi qualcosa?».

Che cosa vendi?
Marijuana.

Da quanto sei qui?
Da quasi due anni. E da dove vieni? Dalla Nigeria.

Dove vivi ora?
Sto in una casa, insieme ad altri ragazzi.

Fai qualcosa? Lavori?
Questo è il mio lavoro.

Hai mai provato a cercarne un altro?
Sono in attesa di avere le carte. Senza non si può lavorare.

Vendi solo marijuana?
Anche hashish, cocaina, eroina. Tutto quello che vuoi, basta che chiedi.

(originariamente pubblicato su Vvox)

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