Sir Oliver Skardy, Pitura Freska(Ph. Sir Oliver Skardy / Facebook)

20 domande allo storico cantante dei Pitura Freska. Che é diventato pessimista. L’unica speranza? Il Papa


Sir Oliver Skardy. Al secolo Gaetano Scardicchio, veneziano doc, classe 1959, bidello. Famoso come cantante dei Pitura Freska e per avere importato il reggae dalla Giamaica nella Laguna di Venezia.

Come ti definiresti?
Mi definisco un “artista da casa”. Sono il frutto di uno studio artistico: mi sono dato alla musica dopo il diploma di maturità artistica perché all’epoca ero disoccupato e ho continuato a coltivare la musica con lo stesso spirito di quando andavo a scuola.

Come ti vedi tra vent’anni?
Spero intanto di essere vivo. Non saprei: quando ero giovane ci prospettavamo una certa vecchiaia, che oggi non è più contemplata. I settantenni vivono come ragazzini di vent’anni, mentre i ventenni vivono come vecchi di settanta. È tutto un casino.

Un tuo pregio e un tuo difetto?
Come difetto sono approssimativo, il che può essere anche un pregio. Ogni difetto può essere sfruttato e diventare utile.

In quale Paese vorresti vivere?
Avrei voluto vivere in un paese libero, ma vedo che lo è sempre meno. Che sia in questo continente o in un altro, l’importante è vivere in uno stato di diritto, l’Italia purtroppo non lo è più da tanti anni.

Qual è il tuo motto?
Viva la mona!

Un libro da tenere sul comodino?
Il Kamasutra. Sul comodìn del lèto, va bèn.

Quale qualità apprezzi in un uomo e quale in una donna?
L’umanità, sia da una parte che dall’altra.

Un personaggio storico che disprezzi?
A pari merito, Hitler, Mussolini, Craxi e Berlusconi (ormai sono storia tutti e quattro).

Che genere di musica preferisci?
Reggae, chiaro, perché rispetto a tutti gli altri generi è una musica tridimensionale.

Un film cult che ami rivedere?
Mi piacciono molto tutti i film sui grandi musicisti e che parlano di musica: da quello sui Doors a quello su Tina Turner (What’s Love Got to Do with It, ndr). Adoro Cadillac Records e ultimamente ho apprezzato Crossroads, un film degli anni ‘80.

Il tuo alcolico preferito?
Era la birra. Dopo l’ho tradita e mi sono buttato sui superalcolici, sono diventato alcolizzato e ho dovuto smettere di bere. Oggi non bevo.

Cosa diresti a Dio, se lo incontrassi?
Fà na cana.

Un luogo del Veneto che ami?
Venezia. Ci sono nato…

Tre aggettivi per descrivere i veneti?
Ho conosciuto i veneti come uno dei popoli più generosi, festaioli ed esuberanti d’Italia. Me li ritrovo nel 2016 che sono i più bigotti, ignoranti e retrogradi.

C’è qualcosa che hai detto o fatto per cui ti senti di fare autocritica?
Essermi fidato troppo di persone di cui dovevo diffidare.

È vero che l’idea di suonare “reggae lagunare” è nata dopo che sei rimasto folgorato dal concerto di Bob Marley a Milano del 1980?
Sì sì, è nata proprio durante il concerto. Prima ero un rockettaro, come tutti. Mentre ascoltavo quella musica, che all’epoca era una novità, ho pensato che potesse starci bene sopra la parlata veneziana. Si è rivelata un’idea vincente, che ha funzionato. D’altro canto, in qualsiasi paese del mondo, puoi cantare in giapponese, in spagnolo o turco, ma il reggae è sempre reggae.

Quasi venti anni fa con i Pitura Freska hai profetizzato l’avvento del papa nero. Un giudizio sul papa latino Bergoglio?
È una salvezza per il mondo cattolico e non solo, lo apprezzo perché sta facendo cose impensabili fino a un decennio fa. Lo stimo soprattutto dal punto di vista umano, perché è l’unico personaggio politico in Italia che sta dalla parte dei più deboli.

Nel nuovo album “Ridi paiasso reload” prendi in prestito “Centro di gravità permanente” di Battiato per parlare di immigrazione: «no voio star su un Centro Temporaneo Permanente, par far da prigioniero parchè no go fatto niente». Che consiglio daresti a chi gestisce la crisi dei migranti?
Consiglierei ai politici di considerare questa gente come un’occasione per diventare tutti più ricchi. Una popolazione che scappa da una nazione fa perdere forza lavoro e quindi ricchezza a quello stato a favore di un altro. Se queste persone fossero impiegate come forza lavoro al posto dei vecchi ormai finiti, ne guadagneremmo tutti quanti. Lo dimostrano loro stessi quando sono accampati su una spiaggia e costruiscono una città con tanto di botteghe. Probabilmente vuol dire che loro sono pronti a costruire una società, siamo noi che non siamo riusciti a costruire bene la nostra e quindi non siamo in grado di offrire una società civile anche ad altri.

Nella vita sei anche collaboratore scolastico. Come è messa la scuola pubblica?
Malissimo. Le scuole ormai sono semplici fabbrichette private: vengono inculcate nozioni, ma viene tralasciata la crescita personale dei ragazzi. La scuola ha perso il suo scopo, non è più in grado di insegnare civiltà. Per quanto riguarda i lavoratori, vengono sfruttati come bestie. E non riguarda solo la scuola, in tutta Italia i lavoratori sono sottopagati e vengono trattati come animali.

In Senato c’è una proposta per la liberalizzazione della marijuana. Pensi che l’Italia sia matura per questo passo?
Io non credo. Non penso che si possa migliorare la società finché c’è gente che considera l’Italia ancora nell’800. Sono stato ottimista per anni, ma comincio a non esserlo più. Purtroppo.

(originariamente pubblicato su Vvox)

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