Il presidente trevigiano degli istruttori di tiro a segno, Zorzo: «Per fortuna in Italia non c’è il far west all’americana. Ma la legittima difesa va cambiata»
Le polemiche legate alla tragica vicenda di Ermes Mattielli, il pensionato morto d’infarto dopo essere stato condannato per aver sparato a a dei ladri nel suo cortile, la disponibilità di armi per eventuali imitatori fai-da-te dei terroristi islamisti, hanno riportato in auge il dibattito sul possesso di armi da fuoco, e c’è chi mette le mani avanti contro un’eventuale liberalizzazione in Italia. Eppure le normative in vigore sono piuttosto rigide e restrittive, come spiega Lucio Zorzo, presidente della Sezione di Tiro a Segno Nazionale di Treviso. «L’Uits (Unione Italiana Tiro a Segno) ha l’esclusiva per il rilascio i certificati di idoneità al maneggio delle armi. Il costo del corso base è di circa 150 euro, dura una giornata e consiste in teoria e pratica di arma corta al mattino e di arma lunga al pomeriggio. Il corso è obbligatorio per fare un concorso nelle forze armate, per avere la licenza di attività sportiva, ma anche per chi riceve in eredità un’arma dal padre o dal nonno». Proprio per questa varietà di possibilità non c’è un target preciso: «al corso si iscrivono sportivi e professionisti, giovani ma anche anziani per il rinnovo della licenza, obbligatorio ogni 6 anni».
Negli ultimi tempi la richiesta di iscrizioni ha registrato una flessione, perché «il bacino di persone interessate ad avere un’arma si è ristretto». Insomma, chi vuole una pistola o un fucile già ce l’ha, mentre è assai raro che gli episodi di cronaca più eclatanti comportino nuove iscrizioni, anche se «ogni tanto arriva qualcuno dopo aver letto notizie allarmanti, perché vuole avere un’arma in casa, per senso di sicurezza. Tra avere un’arma e usarla, però, ci passa un oceano. Durante il corso spieghiamo bene le problematiche a cui si va incontro con un’arma in casa e la sicurezza è l’aspetto principale che insegniamo ai nostri corsisti».
Esistono diversi tipi di licenza: per uso sportivo, venatorio o per difesa personale, nel qual caso servono ragioni “valide e motivate”: «per esempio una persona minacciata dalla mafia, o un gioielliere che ha subito più rapine. A fare richiesta di porto d’armi per difesa personale è una minima parte, al massimo il 5%. In provincia di Treviso le persone provviste di questa licenza sono circa un centinaio». Per accedere al corso, «prima il medico di base deve rilasciare il certificato anamnestico, che riconosce che la persona è sana di mente, non fa uso di psicofarmaci e via dicendo, da consegnare poi all’ufficiale medico della ASL per il secondo certificato di idoneità psico-fisica». Controlli praticamente impossibili da eludere o falsificare: «è difficile che un medico si esponga a un simile rischio». Infatti, «non ci è mai capitato di rifiutare qualcuno ai corsi. Di bocciarlo sì. Non capita di frequente, ma possono presentarsi persone che non hanno alcuna confidenza con le armi. Se vediamo che qualcuno è titubante o maneggia l’arma puntandola in giro, gli diciamo che non è idoneo, perché sarebbe un pericolo per se stesso e gli altri». Dopo tre mesi viene consegnato il libretto che permette di acquistare l’arma, che va poi denunciata alla Questura o al Commissariato entro 72 ore, pena il carcere. «La detenzione illegale di armi è uno dei reati penali più facilmente perseguibili. Con le armi non si scherza. In ogni senso». Le armi detenute non possono essere portate fuori dal domicilio, nel qual caso serve un’altra licenza, quella di porto d’armi.
Norme rigide ma chiare. «È un bene che sia così, ci mancherebbe altro. Non siamo in America, dove chiunque può andare al negozio e portarsi una pistola a casa. Qui è molto meglio: per cominciare ci sono più controlli ed è più difficile che girino armi non registrate». Sarebbe invece da riformare il reato di eccesso di legittima difesa: «andrebbe rivisto, perché è lasciato troppo alla libera interpretazione dei giudici. Ad esempio, nel caso del pensionato milanese che ha sparato a un ladro dalla finestra, si tratta di omicidio volontario ed è un reato, perché la difesa deve essere commisurata all’offesa e non c’era un rischio immediato e diretto. Cerchiamo di non difendere l’indifendibile. Se mi trovo in casa dei ladri, però, vale il discorso contrario: devo poter avere libertà di azione per difendermi. Mentre oggi purtroppo non è così, ed è per questo che cerchiamo di scoraggiare l’uso dell’arma per difesa personale. Meglio piuttosto un buon impianto d’allarme».
Tuttavia, in molti temono che la modifica della legge sulla legittima difesa possano portare a un “far west” all’italiana. «È un tasto delicato. Però vorrei vedere cosa direbbero questi benpensanti, se si trovassero dei delinquenti in casa che minacciano la moglie o i figli: “porgi l’altra guancia”?» Secondo Zorzi, una simile revisione della legge non andrebbe a incoraggiare l’uso delle armi, bensì a scoraggiare i criminali: «mettendomi nei panni di un criminale, se so che rapinando una banca la faccio franca nove volte su dieci è un discorso, ma sapendo che nove volte su dieci ci resto secco, magari prima ci penso due volte».
(originariamente pubblicato su Vvox)