Ventenni veneti che hanno scelto di lavorare nei campi: «tanta fatica, ma siamo felici»
Da alcuni anni ormai siamo abituati a leggere di giovani che tornano alla vita di campagna. Mossi dalla crisi economica, dalla ricerca di un lavoro e dal boom dell’agricoltura biologica, sempre più ragazzi e ragazze optano per mestieri che fino a poco tempo fa si riteneva che gli italiani non volessero più fare. Ma com’è il lavoro nei campi nel 2015 e come vivono i giovani agricoltori italiani?
FATICA
«Le ore di sonno sono poche, i ritmi di lavoro dopo un po’ stancano anche noi che siamo abituati», racconta Mattia, un ragazzo di 21 anni di Quinto Vicentino che lavora come trattorista. «Ho cominciato a lavorare nei campi all’età di dieci anni con mio zio, che ha un’azienda agricola. Ho iniziato perché mi piacevano i trattori. Tanti giovani sono affascinati da queste macchine nuove, immense, ipertecnologiche e piene di comfort, dall’aria condizionata al Bluetooth. Guidarle è una grande responsabilità, ma non è un lavoro di fatica». Ovviamente c’è anche il rovescio della medaglia: «si fanno macchine sempre più grandi, ma cresce anche il consumo di carburante. Stamattina ho caricato una trebbiatrice con 600 litri di gasolio, per un giorno e mezzo di lavoro. Per carità, produce molto, ma farla andare costa parecchio».
TECNO-AGRICOLTURA
Resta il fatto che la svolta del settore passa dall’innovazione tecnologia: «In campo agricolo c’è un ricambio di tecnologie da far paura: venti anni fa si seminava con tre o quattro file – spiega Jonny, 23 anni, che lavora per conto terzi in un’azienda agricola di Camisano – «ora si passa con seminatrici a dodici, con guida automatica, GPS e diserbo. Un agricoltore cinquantenne si trova in difficoltà a manovrare queste nuove macchine». Insomma, per rimanere al passo coi tempi, gli agricoltori sono costretti a ricorrere a macchine agricole di ultima generazione, ma non sapendole usare si affidano a giovani “piloti”, che il più delle volte sognano fin da bambini di guidare uno di questi mastodonti. Per Mattia, infatti, chi sceglie questo lavoro lo fa «o perché appassionato delle moderne macchine tecnologiche o per amore dell’agricoltura». Dello stesso avviso Jonny: «Non si fa questo lavoro se non c’è la passione: non ci sono margini economici, si lavora tanto, fino a 16-17 ore, con orari improponibili. Anche nei mesi invernali c’è sempre qualcosa da fare. Tempo libero non ce n’è. Se ti va bene puoi avere la domenica libera».
AGRARIA È BELLO
In Veneto le aziende agricole under 40 sono 4.300 e negli ultimi 5 anni il numero di giovani impiegati in agricoltura è cresciuto di 2.200 unità. Segnali positivi, in controtendenza rispetto al lieve calo del numero di occupati nel settore, -1,7%, e nonostante la lenta ma inesorabile erosione delle superfici agricole, divorate dalla cementificazione: -4,8% dal 2000 al 2010. «Forse è il settore che ha sentito meno la crisi. Sia per il discorso dell’innovazione, sia per il fatto che la produzione non si può fermare da un giorno all’altro. Non si può smettere di dare da mangiare alla gente. Poi, forse avremo la pelle più dura degli altri, saremo più testardi…non so». Anche le iscrizioni alle facoltà di agraria sono aumentate del 45% dal 2008 al 2013. «Però – prosegue Jonny – bisogna vedere come se la cavano questi studenti specializzati che non hanno mai passato un giorno nei campi. Un mese fa un nostro cliente, per ascoltare un tecnico che gli ha consigliato un diserbante sbagliato, ha bruciato 10.000 euro di raccolto. Hai capito l’espertone laureato?».
GLOBALIZZAZIONE
Nonostante la tenuta economica e la rinnovata vitalità, però, «la situazione dell’agricoltura italiana è critica, a causa dei prodotti esteri che importiamo svalutati. In Italia acquistiamo il latte dalla Francia e dalla Germania a 27-28 centesimi al litro, quando per produrlo ce ne vogliono 34», afferma Jonny, in sintonia con Mattia: «il prezzo dei cereali e del latte continua a calare, nonostante l’Italia produca solo il 50% del fabbisogno nazionale. Il mais l’anno scorso era quotato 11 euro al quintale, l’anno prima era a 22. Quindi ha perso metà del valore. Se prima gli agricoltori riuscivano a ripagare le spese e ad avanzare qualcosa, oggi ci rimettono. Finché le multinazionali continueranno a imporre il prezzo dei prodotti, le cose continueranno ad andare male.
Bisognerebbe che l’Unione Europea tutelasse e valorizzasse di più i prodotti italiani e comunitari in generale. Abbiamo norme molto restrittive che Russia, America e Cina non hanno, ma valgono solo per noi e non per i prodotti che arrivano dall’estero».
SACRIFICIO E FELICITÀ
Nonostante le difficoltà e la fatica, però, di finire come i “neet” – i “né-né” che non studiano e non lavorano – non se ne parla. «Noi giovani agricoltori siamo abituati a lavorare e dà quasi fastidio pensare che c’è qualcuno che non si dà da fare – dice Mattia. Posso capire chi si abbatte non vedendo sbocchi professionali o magari dopo una delusione, ma non si può vivere così. Di lavoro ce n’è, se sei disposto ad adattarti; sono pochissimi quelli che riescono a trovarne uno che gli piace». In tal senso questi ragazzi sono fortunati: fanno molti sacrifici e faticano dalla mattina alla sera, ma è un lavoro che amano, li gratifica, li rendi felici. «Tante persone vivono con una prospettiva a breve termine, di mese in mese. Il nostro lavoro invece – conclude Jonny – è scandito dalle stagioni, quindi magari vediamo un po’ più lontano. Però può anche essere una sfortuna: sai che devi arrivare in fondo, ma non sai se ci arriverai. Bastano una grandinata o una semina sbagliata per perdere il raccolto – e i guadagni – di un anno».
(originariamente pubblicato su Vvox)