Mario Ferracina, classe 1981, è un disegnatore vicentino (di Camisano, come precisa sul suo sito) da poco entrato a far parte della scuderia Disney.
Quando hai cominciato a disegnare e quando hai capito che avresti voluto fare il fumettista, o meglio, l’illustratore?
Come tutti quelli che fanno il mio lavoro, la risposta è che ho disegnato fin da bambino. Un interesse che ho sempre portato avanti anche grazie alla passione di mio papà per i fumetti. Quando inizi a disegnare non sai dove potrai andare a parare: puoi fare il pittore, il grafico… Però mio padre aveva collezioni di Asterix, Alan Ford e Topolino e io sono cresciuto con quel gusto.
Per disegnare che tecniche adotti?
Sono stato legato alle tecniche tradizionali per molto tempo: carta, pennello e china Windsor & Newton. Poi durante l’Accademia usavo principalmente l’olio e l’acrilico. Con il tempo però, anche per necessità legate alla tempistica – le deadline nel nostro lavoro sono sempre più strette -, il computer torna molto utile. Oggi ho abbandonato completamente la carta. Lavoro esclusivamente in digitale sia per le matite, che per l’inchiostro, che per i colori. Non è stato un passaggio repentino. All’inizio quando mi dicevano “dai, comprati la tavoletta!” ero molto contrario. Poi un po’ alla volta un po’ lo usavo per colorare, un po’ per inchiostrare…dopo un po’ ho iniziato a disegnarci direttamente.
Su quali fumetti hai lavorato?
In realtà ho lavorato molto poco con l’editoria. La mia prima esperienza come illustratore è stata nel campo dei parchi di divertimento tematici. Poi ho lavorato più che altro con agenzie che mi commissionavano lavori di illustrazione pubblicitaria. Solo da poco, grazie a un progetto che mi ha visto impegnato con i colleghi della Scuola Comics di Padova l’anno scorso, sono tornato alla mia prima passione , che è quella del fumetto.
Hai collaborato spesso con band per poster e bootleg e tu stesso facevi parte di in un gruppo musicale. Suoni ancora?
Ho abbandonato ogni progetto musicale. Ogni tanto strimpello da solo, mi piace molto il blues. La band si chiamava F.O.G., acronimo di From Outer Grave, e facevamo horror punk, mescolando attitudine punk a tematiche legate ai b-movie.
Quali sono i tuoi personaggi dei fumetti preferiti?
Sono tanti. Mi viene da citare Asterix, insieme a Topolino. Io ho iniziato a leggere con Topolino. Anzi, prima guardavo solo i disegni. E ancora oggi guardo molto agli artisti disneiani, primo fra tutti Cavazzano. Poi Freccero, Celoni, Mottura, Mastantuono…
Oltre alla Disney, quali sono gli artisti che più ti hanno influenzato?
Uscendo dall’ambito strettamente fumettistico, Frank Frazetta, Jim Phillips, un noto illustratore californiano che lavora molto nel settore della poster art – surf art e skate art -, che mi piace molto. Un altro poster artist americano è Cupp. E anche Big Daddy Roth, l’inventore di Rat Fink, che è poi la “nemesi” di Mickey Mouse. Mi piace molto la cultura pop e forse sono stato influenzato più dal cinema che dal fumetto. Anche se sono linguaggi molto simili.
Oggi sei sbarcato alla Disney. Come è avvenuto questo incontro?
Io era da un paio d’anni che pensavo di propormi, perché era un po’ come chiudere il cerchio. Mi sembrava che i tempi fossero maturi e, fatalità, ho visto che la Panini Comics – che oggi detiene i diritti di Topolino – ha lanciato un concorso e cercava nuovi talenti. Così mi sono proposto. Ci ho provato e sono stato selezionato. E dopo un periodo di prova, da un paio di settimane mi è stata commissionata la prima storia da disegnare.
Cosa disegnerai?
In realtà non posso dire niente, perché ho firmato un accordo di riservatezza. Posso dirti che si tratta di paperi.
Ti senti più Topolino o Paperino?
Paperoga. Paperino ha la giusta dose di sfiga che comunque mi rappresenta. Paperoga è più strano, ma riesce a fregarsene.
C’è chi sostiene che il lavoro del fumettista viene sminuito, preso poco seriamente, e per questo molti artisti finiscono a lavorare per editori esteri. È così?
Secondo me in Italia è sminuito il lavoro del creativo in generale. Se ci pensi, il termine fumetto è già dispregiativo di per sé. In Francia si chiama “bandes dessinées”, che è più specifico. “Fumetto”, invece rimanda a un qualcosa per bambini. È vero che molti puntano all’estero perché sembra che ci sia più rispetto per il disegnatore. In realtà ci sono degli standard molto alti.
Qual è il personaggio – o la testata – che sogni di poter disegnare un giorno?
Direi di esserci arrivato oggi! Topolino a parte, direi Batman.
Parlando di comics Usa, la Marvel Comics è di proprietà della Disney. Ti piacerebbe disegnare storie di supereroi? E la vedi come una cosa possibile?
È vero che ci sono tanti italiani che lavorano per Marvel e DC. Per il momento punto a disegnare bene quello che sto facendo ora. Certamente diventare disegnatore di Topolino non è un punto di arrivo. C’è tutto un percorso che ti porta a perfezionare il più possibile la tecnica. Quello che mi piacerebbe fare è prendere la tradizione italiana del fumetto Disney e cercare di dare un tocco di personalità. Già quello sarebbe realizzare un sogno.
(originariamente pubblicato su Vvox)