Cosplayer al Vicomix

Tra gli stand della prima edizione della fiera dei fumetti di Vicenza i veri protagonisti sono loro


A Vicenza si è tenuto il primo ViComix, la nuova fiera dei fumetti e dei cosplayer. Tra le file di stand piene di fumetti, manga e gadget di ogni tipo, i veri protagonisti erano loro, i “costume player” travesti da personaggi del mondo dei comics, degli anime, dei videogames o delle serie tv. Una tendenza sempre più in voga che dilaga alimentata dalle fiere e convention dedicate che proliferano in tutto il mondo. Una passione trasversale, come spiegano Lorenzo e Valeria, nei panni rispettivamente di Jon Snow e Ygritte della popolarissima serie Game of Thrones ispirata alla saga fantasy “Cronache del ghiaccio e del fuoco” di George R.R. Martin.

Per Lorenzo «è un modo per divertirsi. C’è anche gente di cinquant’anni che fa il cosplayer, perché si diverte. L’importante è non confondere la realtà dalla fantasia.» Una moda di nicchia diventata mainstream. Ma come si spiega questa evoluzione? «I bambini di un tempo che leggevano fumetti e manga sono cresciuti e non hanno smesso di leggere. E a loro volta hanno figli. La domanda è aumentata e ben venga».

«Anche internet e la televisione aiutano la diffusione del fenomeno, – aggiunge Valeria – Ci sono emittenti che trasmettono solo anime. È più alla portata di tutti. Una volta per trovare un fumetto bisognava fare chilometri per incontrare una fumetteria. Oggi ce n’è dappertutto».

Le esibizioni di cosplay sono anche un’occasione per trovarsi tra simili e fare nuove amicizie. È il caso di Riccardo e Paolo che vestono i panni di Vash de Stampede e Nicholas Wolfwood, dal manga Trigun. «Ci siamo conosciuti adesso –spiega Paolo-. Faccio il cosplayer dal 2008 e mi piace soprattutto perché dà la possibilità di conoscere gente nuova, da tutta Italia». Un aspetto fondamentale nel cosplay è la realizzazione dei costumi, che costa denaro e impegno agli appassionati. «Non passi più le tue giornate in centro a fare shopping, ma al brico e dal ferramenta», commenta Marta, accompagnata dal marito Evaristo, che ha realizzato interamente a mano il proprio costume. C’è chi si rivolge a una sarta, come Valeria, e chi compra un completo già confezionato, come Riccardo, per poi personalizzarlo. La bravura sta nella cura del dettaglio e nella scelta –o nella creazione – degli accessori, dalle spade medievali alle pistole laser fino agli occhiali e le parrucche.

Tra manga giapponesi ed eroi made in Usa c’è spazio per prodotti italiani? A quanto pare sì e i personaggi preferiti sono i grandi classici: da Diabolik a Dylan Dog. Ma non solo: «Mi piacciono Sketch and breakfast, Sacro e profano, Rat Man – racconta Lorenzo -. Purtroppo, però, il fumetto italiano non tira. Ad esempio Mirka Andolfo, autrice di Sacro e Profano, è dovuta andare in Francia per farsi conoscere. In Italia fare fumetti non è visto come un lavoro serio. Molti nomi italiani finiscono a disegnare gli X-men perché hanno uno stile di disegno bellissimo, ma in Italia non avrebbero chance. Anche se ora stanno nascendo case editrici come Denti Blue o Shockdom, che fanno ben sperare in un cambio di mentalità».

A giudicare dal successo travolgente che anche in Italia riscuotono le fiere del fumetto e il fenomeno cosplay, il cambiamento è già in atto. E se i pareri sugli effetti di una simile “sovraesposizione” e sull’affermazione di questa moda

sono discordanti, tutti gli intervistati si trovano d’accordo su una domanda. Messi davanti alla scelta tra una ipotetica vacanza omaggio e un viaggio al San Diego Comic-Con – capostipite delle convention fumettistiche – la scelta è unanime: tutti quanti preferirebbero la fiera di San Diego, tra autori, anteprime e mostra-mercato, rispetto a una spiaggia assolata. «Il Comic-Con è il Comic-Con. Almeno una volta nella vita bisogna andarci».

(originariamente pubblicato su Vvox)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *