Antonella Valmorbida, Alda, Vicenza

L’Alda (Associazione delle Agenzie della Democrazia Locale), è un network europeo di enti territoriali e associazioni impegnato nella promozione della partecipazione dei cittadini ai processi decisionali e nel rafforzamento e diffusione dei principi democratici, per annullare le barriere dell’Europa e favorire in modo concreto il senso di una comune identità europea.

L’organizzazione non governativa, nata nel 1999 su iniziativa del Consiglio d’Europa per coordinare e supportare il network di Agenzie della Democrazia Locale (ADL), ha la sua sede centrale a Vicenza, diretta dalla fondatrice e segretario generale Antonella Valmorbida (in foto).

Come mai è stata scelta Vicenza come sede?

Non è stata scelta a caso. Quando nel 1999 è stata costituita l’associazione, da un progetto del Consiglio d’Europa, io lavoravo già a Strasburgo e abitavo a Vicenza da un po’. Partivamo da zero, senza grandi finanziamenti o fondazioni alle spalle e dato che all’inizio si può dire che l’Alda eravamo solo io e il mio computer, quando abbiamo ricevuto i primi fondi extra-progetto per aprire un piccolo ufficio, ho scelto, pragmaticamente, Vicenza.

Come siete organizzati, in Italia e in Europa?

A Vicenza siamo in 10 persone, a Bruxelles abbiamo un ufficio di 6 persone e a Strasburgo uno da 4 persone. Poi ci sono le Agenzie di Democrazia Locale, che sono 13 in Croazia, Bosnia Erzegovina, Montenegro, Serbia, Kosovo, Macedonia, Albania, Georgia e Armenia, per un totale di altre 26 persone. Siamo una realtà molto moderna: siamo un’unica entità che per motivi organizzativi è dislocata in posti diversi. Ma io lavoro tanto con i miei colleghi di Vicenza quanto con quelli di Bruxelles e Strasburgo. Viviamo su internet e su Skype, prendendo costantemente decisioni online. Si può dire che l’Alda è una realtà proiettata nel futuro, dove il luogo di lavoro è virtualmente ovunque.

Come e da chi siete finanziati? Di che cifre parliamo?

Abbiamo tre fonti di finanziamento. I nostri 150 soci, che sono Comuni, Regioni, Enti locali e Ong da oltre 30 Paesi, finanziano circa il 6-7% del nostro budget. Si tratta di circa 150.000€, una cifra complessivamente piccola, ma importante perché è una somma “libera”. Ci sono poi i finanziatori di progetti, che sostengono le singole attività. La Commissione Europea fa la parte del leone, finanziando il 60% delle nostre attività. Infine c’è la vendita di servizi: come service provider, diamo l’opportunità ai nostri soci e ad altri soggetti di acquisire competenze sulla progettazione europea. Quest’anno abbiamo tenuto molti corsi sia “basic”, sia su progetti specifici.

Cosa fa concretamente l’Alda? Quali sono i suoi obbiettivi?

Il mandato dell’Alda è di rafforzare le competenze degli enti locali e della società civile, dando loro la possibilità di lavorare insieme. È il concetto di governance locale: consolidare le capacità di un comune o di un’associazione, con progetti dedicati ai giovani o alla partecipazione democratica, e poi fare in modo che questi soggetti possano lavorare in sinergia. Ad esempio, un bel progetto dell’anno scorso, è stato “Toys – Tolleranza nello Sport Giovanile”, che ha coinvolto molti comuni e associazioni sportive in tutta Europa con l’obiettivo di valorizzare lo sport come strumento di aggregazione e combattere la discriminazione. Un altro progetto, “Working together for development”, ci ha visti lavorare per tre anni con enti e associazioni di tutto il continente per migliorare l’operato dei comuni nell’ambito della cooperazione allo sviluppo. Attraverso questo lavoro, per esempio, abbiamo spianato la strada ai comuni slovacchi verso il mondo della cooperazione, aprendo nuove prospettive in quelle realtà.

Il semestre italiano alla guida dell’Unione Europea sta per finire. Come giudica la presidenza Renzi?

Non si è vista. Tuttavia si sapeva che sarebbe stato un buco nell’acqua, perché l’unico obbiettivo del semestre era far ripartire le istituzioni, con l’insediamento del Parlamento e l’elezione della Commissione, che ci ha messo più del dovuto. È stata un’occasione sprecata, ma dettata dal momento contingente. L’unico tema forte che la Presidenza avrebbe potuto portare avanti era il tema dell’immigrazione. Era in cima all’agenda della presidenza italiana, ma aldilà di Frontex non è stato fatto granché. Forse l’unica vera vittoria di Renzi è stata piazzare la Mogherini alla politica estera, ci ha speso tutto il semestre.

Avere “piazzato” la Mogherini è effettivamente una vittoria?

Per me è un vantaggio, non tanto perché sia italiana, perché sia giovane o perché sia donna, che non ha molta rilevanza, ma perché è un’europeista e una federalista convinta. In più ha molta energia e lavora molto, a livello di ore effettive. Niente a che vedere con l’inglese – Catherine Ashton, la precedente Lady Pesc, ndr -, che neanche ci credeva. La Mogherini ci crede genuinamente.

L’UE è spesso accusata di essere solo un’unione monetaria e l’euro viene additato come una delle cause della crisi economica. Lei cosa ne pensa?

È fuori dubbio che la nostra Unione, così complessa, non sia perfetta, ma nessun sistema comunitario lo è. Certamente dobbiamo migliorarla. Dopodiché le teorie su come perfezionare questo “vivere in comune” sono diverse. Essere un’unione significa proprio questo: vivere sotto lo stesso tetto con regole condivise, discutendo insieme su differenze e problemi, invece di avere relazioni bilaterali. Chi dice che l’UE è solo un’unione monetaria è in malafede: ci sono talmente tanti valori condivisi da questo sistema, che riguardano la sicurezza sul lavoro, la tutela dei consumatori, l’alimentazione, la ricerca comune… L’Unione Europea ha creato una comunità politico-economica di scala che ci permette di sopravvivere nell’attuale sistema globalizzato.
L’euro ha avuto delle disfunzioni, ma è provato che i vantaggi sono stati maggiori degli svantaggi. La crisi che stiamo vivendo non è legata all’euro, ma è globale. La verità è che senza la moneta unica noi saremmo spariti. Quelli che contestano l’euro non dicono – e molti lo sanno benissimo, perché hanno 50 o 60 anni- che prima il tasso di inflazione in Italia era del 10%, mentre oggi è del 2%, quindi i nostri risparmi sono più al sicuro. Prima eravamo in un vortice di svalutazione e inflazione, che dava apparente sollievo all’economia, ma il problema alla radice non era e non è la moneta, è il sistema Italia che, con le sue zavorre e le sue inefficienze, non funziona. A voler essere cattiva, noi abbiamo bisogno dell’Europa perché ci serve qualcuno per metterci in riga, per tenere i conti in regola e non diventare una Repubblica delle Banane.

L’Alda è cresciuta operando in particolare nei Balcani. Cosa rispondete a chi sostiene che l’allargamento dell’Ue a Romania e Bulgaria nel 2007 fu un errore?

Anch’io sono critica, perché credo che l’allargamento sia avvenuto in una situazione non ottimale. Con l’allargamento del 2004 si trattava di ricomporre l’Europa dopo la caduta del Muro di Berlino: partiva dal cuore, perché di fatto andava a terminare la guerra fredda. Quello del 2007 forse poteva attendere, perché le condizioni interne dei due Stati non erano sufficienti al loro ingresso nel “club”. E’ stato un errore, dettato forse da ragioni economiche, ma non si può buttare via il sistema per degli errori commessi.

Cosa pensa dell’affermazione di partiti sovranisti, nazionalisti o a volte xenofobi in diversi Stati europei?

In passato quello che accadeva a Bruxelles importava poco, mentre oggi, per i problemi che stiamo affrontando, l’Europa e l’idea di convivenza comune sono diventati per la prima volta elemento di dibattito. Siamo arrivati al dunque: stiamo insieme oppure no? Paradossalmente, se in questo confronto forte le voci contrarie sono solo il 20-25%, ci è andata pure bene! È comunque un elemento su cui riflettere, perché uno su cinque non è poco.
Abbiamo puntato tanto sul costruire un’identità europea fondata sul motto “uniti nella diversità”. Forse ci siamo concentrati troppo sull’unità e troppo poco sulle diversità, che andrebbero valorizzate.

Qual è la vostra posizione riguardo l’occupazione russa della Crimea e la guerra in corso nell’est dell’Ucraina? E come giudica la risposta dell’Unione Europea?

Personalmente sono molto coinvolta, lavorando in Ucraina da diversi anni. Parlo russo e leggo quello che sta accadendo. I miei amici e colleghi sono estremamente preoccupati. Noi non ci rendiamo contro della strategia globale della Russia e la vecchia Europa non percepisce il fermento dei Paesi dell’Est. Gli Stati Baltici e anche la Romania sono terrificati da questa situazione. Credo che l’Unione Europea dovrebbe essere più protagonista ed essere più rapida nella risposta. Quella in Ucraina è un’emergenza grave e l’Europa non lo ha percepito abbastanza.

(originariamente pubblicato su Vvox)

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